L’Università di Trento pone fine alla diatriba sulle desinenze e sull’inclusività.

La presidente, la rettrice, la segretaria, le professoresse, la candidata, la decana. Tutto al femminile. Anche se le persone indicate sono uomini. Una per tutti, è il femminile sovraesteso. Sono scritte così le cinquanta pagine del nuovo regolamento di ateneo dell’Università di Trento, approvato oggi dal Consiglio di amministrazione.

“Un atto simbolico”, dice il rettore, una novità assoluta per l’università che utilizza appunto il femminile per tutte le cariche e i riferimenti di genere, invece che il maschile sovraesteso, comunemente utilizzato in ogni atto, entrambi i generi o altre variazioni linguistiche come gli asterischi o lo schwa, diffusi in altri atenei. E una novità anche per l’ateneo di Trento che nel 2017 aveva adottato il vademecum sul linguaggio rispettoso delle differenze per impegnarsi nella costruzione di un’università più inclusiva.

https://www.repubblica.it/cronaca/2024/03/29/news/universita_trento_femminile_sovraesteso-422392301

Io quanto sopra la considero una notizia nel complesso positiva: questo taglia le gambe ad ogni polemica futura contro l’utilizzo di questa o quella desinenza poiché diventa chiaro che si tratta di un fatto arbitrario e qualsiasi soluzione adottata è quella giusta. Pertanto, ad esempio, la Meloni o la Venezi utilizzano nomi di cariche al maschile (Presidente del Consiglio e Direttore) mentre a Trento impongono cariche esclusivamente al femminile anche agli uomini: entrambe le parti hanno ragione. Così come ha ragione chi utilizza l’asterisco e chi non lo utilizza, chi non usa la schwa e chi invece la utilizza, e pure noi che spesso scriviamo “Femminist?” con il punto interrogativo finale in riferimento ai femministi maschi.

E chissenefotte dell’inclusività: il caso di Trento dimostra appieno che sono tutte cagate, che LA COSA CHE CONTA DAVVERO E’ LA VOLONTA’ DI CHI SCRIVE O PARLA, E NON CERTO CIO’ CHE VORREBBE SENTIRE O LEGGERE CHI DEL MESSAGGIO E’ IL FRUITORE.

Insomma: DA OGGI LIBERI TUTTI, PER DAVVERO.

Beh, quasi tutti…

“Tutti” tranne ovviamente l’Università di Trento.

Infatti, se in futuro a Trento dovessero avere segretari o professori F2M (ovvero transgender nati femmine e poi diventati maschi): in quel caso scommetto che la rettrice Flavio Deflorian e tutte le signore che compongono il Consiglio di Amministrazione farebbero immediatamente una gran bella retromarcia…

…non a caso gli osservatori più attenti noteranno che questo articolo è taggato sia “Informazioni Irrilevanti” sia “TERF War”

26 thoughts on “L’Università di Trento pone fine alla diatriba sulle desinenze e sull’inclusività.

  1. penso e spero finisca con l’obbligo di presentarsi

    perché il problema sarebbe la sanzione se sbagli quindi ci vuole una legge:

    buongiorno, sono tal de tali, mi chiami pure santità 😁

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    1. In realtà si tratta di due cose differenti: come un individuo vuole farsi chiamare, cioè il suo NOME, e che nomi dare a CARICHE E QUALIFICHE.
      Sono due cose completamente diverse perché la prima afferisce alla libertà individuale, la seconda deve necessariamente essere una scelta condivisa.
      Esempio: Mario Rossi è avvocato, ma decide di cambiare il suo nome in Maria. E pertanto sarà “Avvocato Maria Rossi”: non vedo dove sta il problema, che infatti non c’è e fanno casino solo i transfobici e solo se cambia da nome maschile a nome femminile, infatti se avesse cambiato da “Mario” ad “Artemio” nessuno lo avrebbe neanche notato.
      Il problema sorge se Mario Rossi vuole cambiare il suo titolo da “Avvocato” in “Azzeccagarbugli”. Perché “Avvocato” è un titolo e una qualifica, c’è un albo apposito, eccetera…

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      1. beh santità è un titolo 😁

        è quello che dicevo: l’obbligo di presentarsi con il titolo al maschile o femminile che si vuole

        se sbagliando c’è una sanzione allora l’obbligo ci vuole: se voglio essere chiamato professoressa devo comunicarlo in maniera esplicita

        non posso essere professoressa a Trento e professore a Torino anche se Trento ha deciso così per tutti

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        1. Giusta considerazione, ma sospetto che a Trento non sanno che esistono altre università e luoghi che non sono l’Università di Trento: forse credono di essere un pianeta remoto… senza nulla intorno.

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        2. Per il momento, comunque, chi cura il loro sito non si è adeguato: la rettrice viene sempre definita “il rettore” (SBAGLIANDO, E’ CONTRO IL NUOVO REGOLAMENTO) e così via.
          Vedremo cosa succede nelle prossime settimane e mesi: speriamo che non si tratti di una pagliacciata volta unicamente al “virtue signalling” dove deliberano una cosa per fare notizia ma poi non la applicano neanche sul loro stesso sito…

          https://www.unitn.it/ateneo/113/il-rettore

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  2. Va benissimo così.
    Ora auguriamoci che il rettore – anzi, la rettrice – della suddetta università
    https://www.facebook.com/watch/?v=727377382813513
    lasci il suo posto ad una discriminatissima femminuccia, che in quanto tale farà sicuramente meglio di lui.
    Il tutto in nome delle “pari opportunità” e del “risarcimento di genere”.
    E altrettanto devono fare tutti gli scendiletto che affollano le aule universitarie (e non solo quelle), quotidianamente piegati a novanta gradi di fronte a qualsiasi pelo di fica.
    L’ho già scritto e lo ripeto: gli uomini devono assolutamente sprofondare nella merda e diventare anche ufficialmente cittadini di serie B, perché sono troppo coglioni.

    —————–

    PS: Quindi d’ora in avanti si parlerà anche di muratoresse, carpentieteresse, manovalesse, idraulichesse, etc. (campa cavallo…), ed io, invece, mi farò chiamare geometro.

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    1. A sprofondare nella merda “saranno” (ci sono già dal ’75, riforma del diritto di famiglia) gli uomini POVERI; i ricchi se la cavano sempre, anche dopo un divorzio con figli.

      Il punto è che il ricco rettore, quando gli si rompe la caldaia o la tapparella, chiama l’artigiano rumeno (sopportandone a stento la presenza in casa per un’oretta); il quale dovrebbe fare obiezione di coscienza: trovare una scusa e lasciarlo a piedi. Per orientare gli obiettori sarebbe bene cominciare a stilare una lista di proscrizione dei potenziali fruitori di tutti i servizi maschili.

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      1. Claudio, i miei commenti sono “a futura memoria”.
        So bene che allo stato attuale a prenderla nel culo sono solo gli uomini che si trovano “in basso”; non necessariamente poveri.
        Per esempio: io guadagno più di 2000 euro al mese, vivo da solo (in affitto) e non ho né figli né mogli da mantenere, perciò non sono povero.
        (Certo, non sono ricco.)
        Ma faccio ugualmente parte della massa maschile, per cui conto meno di zero.
        Ma niente è eterno, nemmeno questi pagliacci di M.
        Tempo al tempo.

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    1. Beh, ovvio che non è italiano.

      Comunque sai come si dice “tra il dire e il fare, c’è di mezzo il mare”: vediamo anzitutto quando e se aggiornano il sito dell’Università di Trento, perché al momento dice “il rettore” e prima o poi dovrà pur diventare “la rettrice” no?

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  3. Sempre divertentissime queste notizie, in cui magistrati che parlano continuamente di violenza e discriminazioni contro le donne, si guardano bene dal lasciare le proprie poltrone alle femmine, mogli comprese.

    https://www.open.online/2024/02/13/milano-fabio-roia-adriana-cicuto-tribunale-parita-genere/
    @@@
    ATTUALITÀ LOMBARDIA • MILANO • PARITÀ DI GENERE
    Il marito guiderà il tribunale di Milano, lei è costretta a rinunciare al ruolo di giudice: «Le donne sempre penalizzate»
    13 FEBBRAIO 2024 – 09:38
    di Redazione

    La nomina di Fabio Roia a nuovo presidente del Palazzo di Giustizia ha costretto la moglie, la magistrata Adriana Cicuto, a fare un passo indietro

    C’è stato anche un messaggio di scuse nel discorso di insediamento di Fabio Roia, nuovo presidente del Tribunale di Milano. La sua nomina arriva dopo quasi due anni di «vuoto» ai vertici del Palazzo di Giustizia meneghino e non senza conseguenze. La sua promozione costringe infatti sua moglie Adriana Cassano Cicuto, in magistratura dal 1987, a fare un passo indietro. «Sono la prima fan di mio marito e per lui è un’occasione troppo importante. Non nascondo, però, che la mia è stata una scelta sofferta e molto dolorosa», spiega la magistrata in un’intervista a Il Giorno. Con la nomina di suo marito a nuovo presidente del Tribunale, Cassano Cicuto ha dovuto rinunciare alle «funzioni semidirettive giudicanti» così da evitare «una situazione di incompatibilità».

    Le scuse del marito
    Ed è proprio per questo che Fabio Roia, durante la cerimonia di insediamento al Palazzo di Giustizia, ha voluto formulare un «atto di scuse verso la moglie», costretta ad «arretrare per fare spazio all’uomo». A proposito delle implicazioni familiari della sua nomina, il nuovo presidente del Tribunale di Milano ha auspicato che «in un momento davvero prossimo si possa fare il contrario, attraverso la creazione di una effettiva parità fra donna e uomo in tutte le articolazioni della società». Già nel 2001, quando suo marito fu nominato nel comitato direttivo centrale dell’Associazione Nazionale Magistrati, Adriana Cicuto era stata costretta a rinunciare al suo posto in procura a Milano. «Dopo tanta fatica era arrivato il momento di goderci i risultati – racconta la donna al Giorno -. La ferità presto si rimarginerà, anche perché nelle mie scelte ho sempre cercato di mettere al primo posto gli altri e la famiglia».

    Il nuovo lavoro
    La magistrata, costretta a lasciare il Palazzo di Giustizia, lavorerà ora come consigliera alla terza sezione civile della Corte d’Appello di Milano. «Nel mio ambiente non ho ancora visto un uomo fare un passo indietro a favore della moglie», riflette Cicuto. E per far sì che in futuro le cose non vadano sempre così, la magistrata ha un insegnamento da trasmettere alle sue figlie: «Non fatevi mettere i piedi in testa e non fate rinunce se non ne vale veramente la pena».
    @@@

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    1. “La ferità presto si rimarginerà, anche perché nelle mie scelte ho sempre cercato di mettere al primo posto gli altri e la famiglia».

      “la magistrata ha un insegnamento da trasmettere alle sue figlie: «Non fatevi mettere i piedi in testa e non fate rinunce SE NON NE VALE VERAMENTE LA PENA».

      … Ergo – in questo sproloquio che sfiora la dissonanza cognitiva – “ne vale veramente la pena” quando il passo indietro va a incrementare lo stipendio (di cui tu benefìci in via pressoché diretta) di uno che tieni per i maroni sotto altra forma (gerarchia matrimoniale anziché professionale).

      Non c’è da dubitare: madre e figlie s’intenderanno al volo.

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  4. «Nel mio ambiente non ho ancora visto un uomo fare un passo indietro a favore della moglie»

    Queste a parole fanno le femministe, ma poi si cercano sempre l’uomo di successo, nemmeno solo di successo, deve proprio stare al vertice.

    Poteva sposarsi col geometra del catasto e così il passo indietro poteva farlo il marito.

    L’unico effetto di questi sproloqui ipocriti è che avvelenano i rapporti tra uomini e donne non privilegiati come loro e che dovrebbero collaborare per sbarcare il lunario in modo dignitoso, invece di farsi la guerra.

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    1. Arresterebbero anche chi a lungo si ostinasse a chiamara “Mister” e “Man” la Rowling, non vedo perché non debba andare anche nell’altra direzione.
      L’unica domanda da porsi è: le persone alle quali la Rowling vuole arbitrariamente dare del “Man” sono legalmente uomini o donne?
      Perché se sono diventate legalmente donne allora la Rowling se lo prende nel culo, a sangue, altrimenti ha ragione lei.

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    1. “Pacifinto pacato in rubli” non sembra un nome da putinista, pare il nome di uno che prende per i fondelli la fazione “pro-guerra senza se e senza ma”.

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  5. A proposito di “inclusività”, di “risorse” e di stranieri di merda provenienti da paesi di merda, guardate questo video:
    https://www.instagram.com/p/C3GFW2TJwSE/

    Trattasi del classico incivile pezzo di merda dell’est, che oltre a far finta di non ricordare perché si trova in Italia, fa quel che fa perché sa di poterlo fare.
    Ossia, sa che la polizia ha le mani legate, sa che se lo arrestano sarà poi libero nel giro di poco tempo, ed è consapevole anche del fatto che l’italiano medio non vuole guai, per cui molto difficilmente troverà qualcuno che lo contrasterà.
    Dico solo che mi sarebbe piaciuto moltissimo essere presente, perché a quella merda dell’est avrei letteralmente spezzato le ossa, dita delle mani comprese.
    D’accordo, poi sarebbero stati cazzi miei, tra denunce, processi e risarcimenti di vario genere, ma la soddisfazione di mandarlo all’ospedale, tutto frantumato, me la sarei tolta.
    Tanto con queste merde (che conosco bene da decenni), provenienti da paesi culturalmente inferiori, esiste solo una legge: quella della giungla.

    ———————

    PS: di recente, in un bar di mia conoscenza ho “stoppato” un africano che stava rompendo i coglioni a più non posso, da diversi giorni, intimandogli di tornare “in quell’Africa di merda”.
    Mentre un mio amico, maestro di pugilato, ha “stoppato” un’altra merda dell’est (rumeno, per la precisione) che stava cacando il cazzo in una sala giochi.
    “Stranamente” nessuno di questi due coglioni ha reagito alzando le mani… né con il “sottoscritto” né con il mio amico…

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